Intervista alla Dott.ssa Maria Gigliola Rosignoli, Direttore Sanitario Centrale Istituti Clinici Maugeri

Intervista alla Dott.ssa Maria Gigliola Rosignoli, Direttore Sanitario Centrale Istituti Clinici Maugeri

Qual è la Sua definizione di “paziente fragile” e quali bisogni ritiene siano tipici di questa classe di pazienti?

Ad oggi la definizione di fragilità non è condivisa e numerose sono le proposte di definizione, con la prevalenza di due paradigmi. Il primo, fragilità funzionale, si focalizza sul versante della funzionalità fisica, legata alla funzionalità motoria, alla riduzione dell’attività fisica, alla riduzione della velocità del cammino, alla perdita di massa muscolare e di peso corporeo. Il secondo, fragilità bio-psico-sociale, identifica la fragilità come caratterizzata da componenti multidimensionali appartenenti agli ambiti biologici, psicologici e sociali. Alla luce di questa prospettiva i bisogni del paziente fragile sono funzione del dominio valutato e non sono quindi esclusivamente di tipo funzionale. L’intervento con il paziente fragile sottendente quindi sempre la necessità di un intervento multiprofessionale e multispecialistico, dove non vi è il prevalere di una dimensione su di un’altra. Da ciò si evince la complessità della gestione della fragilità, dove la collaborazione tra categorie professionali differenti e l’integrazione di setting di cura diversi diventa centrale ed essenziale.

A suo parere è un tema compreso a sufficienza dal Servizio Sanitario Regionale della Sua realtà e dalla macchina amministrativa nel suo complesso?

Il SSR ha ben compreso la complessità del quadro e la necessità di una gestione integrata e multidimensionale/multiprofessionale. Tale riorganizzazione contempla però una revisione sostanziale dei processi, con uno spostamento dell’attenzione organizzativa dall’ospedale al territorio, elemento complesso che richiede un importante sforzo di mediazione e negoziazione con tutti gli stakeholder presenti.

Quali sono le attuali criticità nella presa in carico del paziente fragile?

Eccessiva centralità delle cure in ambito ospedaliero.

Ridotta integrazione tra ambito sanitario e sociale. Necessità quindi di una maggiore strutturazione della gestione con il sostegno di un case manager (MMG) e di un care manager (quale potrebbe essere ad esempio l’infermiere di territorio o una figura sanitaria formata ad hoc che abbia buoni soft skills relazionali e organizzativi)

Non integrazione dei sistemi informativi ospedale – territorio (sia pubblici che privati). Non è possibile infatti fornire al paziente fragile un intervento di presa in carico globale ed efficiente in assenza di una adeguata circolarità di informazioni, supportata dalla condivisione di un linguaggio comune (ontologia) e da sistemi informativi integrati.

Ridotto investimento in know how e integrazione con i recenti modelli di telemedicina, tele nursing, tele riabilitazione e telemonitoraggio

Come si può superare la frammentarietà di presa in carico tipica dei percorsi di cura di questi pazienti, che si rivolgono a specialisti diversi senza un piano di cura condiviso?

Come già sottolineato, è necessario fornire ai pazienti fragili una presa in carico globale, attraverso una corretta integrazione ospedale-territorio.

Quali interventi organizzativi sono stati implementati all’interno degli Istituti Scientifici Maugeri per ottimizzare i percorsi assistenziali dei pazienti fragili?

All’interno degli Istituti Scientifici Maugeri, in collaborazione con i Dipartimenti, è stata avviata una rilettura dei percorsi del paziente superando la logica dei silos per specialità e competenza, con una maggiore attenzione alla gestione delle comorbidità (componente biologica e funzionale) e delle problematiche psico-sociali. Il focus quindi non verte più solo sulla diagnosi principale, ma anche sulle concomitanti diagnosi secondarie e sulle caratteristiche bio-psico-sociali, le quali possono contribuire in vario modo alla fragilità del paziente.

Dialogo costante con i MMG

Avvio di percorsi formativi ad hoc con il sostegno dell’Ufficio Formazione Centrale

Nella Sua esperienza, la continuità ospedale-territorio è stata attuata e in che modalità per questa tipologia di pazienti?

Purtroppo, la continuità ospedale-territorio è stata avviata in modo frammentato e poco organico, spesso coinvolgendo solo specifici sottogruppi di pazienti, senza una visione olistica del paziente e della sua complessità clinica e sociale

Ci può essere una collaborazione tra pubblico e privato nell’offerta assistenziale per questo tipo di pazienti?

Sicuramente la sinergia tra pubblico e privato può innescare e consolidare elementi di collaborazione fattiva ed efficiente a beneficio del cittadino. Il privato, caratterizzato da una maggiore flessibilità organizzativa e da tempi veloci di riorganizzazione dei processi, può integrare con le proprie competenze specifiche il quadro dell’offerta del pubblico. Fondamentale risulta però la necessità di un coordinatore unico, che renda la sinergia virtuosa ed efficiente in termini sia economici che di cura.