Intervista a Simona Barbaglia – Presidente Associazione Respiriamo Insieme

Intervista a Simona Barbaglia – Presidente Associazione Respiriamo Insieme

Qual è la missione e quali gli obiettivi dell’Associazione “Respiriamo Insieme”?

L’Associazione è nata in Veneto nel 2014 per dare supporto ed agire a tutela di pazienti, adulti e minori, affetti da patologie respiratorie, immunologiche ed allergiche. La mission dell’Associazione è informare, formare e garantire loro il giusto percorso di cura, riducendo il peso della malattia per i pazienti e i famigliari attraverso il sostegno, l’advocacy, l’educazione terapeutica e la ricerca.

L’Associazione ha sede legale a Padova ma ha anche 8 referenti per le 8 sedi operative regionali (Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Lazio, Campania e Puglia).

Avendo firmato protocolli di accreditamento con le Direzioni Generali, l’Associazione presta la propria attività a favore dei pazienti negli ospedali di:

  • Broncopneumologia pediatrica Ospedale Meyer, Firenze;
  • SOD di Pneumologia Interventistica e SOD Pneumologia e Fisiopatologia Toracopolmonare dell’Azienda Ospedaliera Careggi, Firenze;
  • Imperia Asl 1: Broncopneumologia pediatrica e Pneumologia adulti Ospedali Imperia-Sanremo;
  • Aopd, Padova Pneumologia-Fisiopatologia adulti e broncopneumologia pediatrica;
  • Ulss 9 Scaligera: Ospedali di Bussolengo, Villafranca e Legnago
  • Istituti Clinici Scientifici Maugeri.

 

L’attività dell’Associazione si avvale del supporto di un proprio Comitato Scientifico, composto da 10 Specialisti Pneumologi, Allergologi, Pediatri e Antropologa. Inoltre, Respiriamo Insieme ha protocolli d’intesa Nazionali firmati con due Società Scientifiche in area respiratoria ed allergica (AIPO ed AAIITO) e collabora con tutte le altre su specifiche reciproche progettualità.

L’Associazione in Italia aderisce all’Alleanza GARD ITALIA presso il Ministero della Salute mentre per l’estero aderisce alle organizzazioni ELF (European Lung Foundation), GAAPP (Global Allergy and Asthma Patient Platform) come unico rappresentante dei pazienti asmatici italiani ed EFA (European Federation of Allergy and Airways Diseases Patients’ Associations).

L’epidemia da Covid -19 pone inediti problemi di gestione dei pazienti cronici che necessitano di cure ospedaliere periodiche. Lei vede il rischio di una dispersione dei pazienti sul territorio e, quindi, di problemi di aderenza alle terapie per timore di accedere agli ospedali e contrarre il virus?

Purtroppo, i pazienti cronici corrono questo rischio, anzi già vivono questo problema. Già durante la prima ondata della pandemia questo problema si è mostrato, un problema cui abbiamo cercato di dare risposta come Associazione.

L’attuale situazione di emergenza sanitaria causata della pandemia da Covid-19 sta portando alla riduzione o addirittura alla sospensione delle prestazioni sanitarie non urgenti in numerosi Ospedali e regioni. Ciò, unitamente al timore dei pazienti stessi di contrarre il virus qualora si rechino nelle strutture ospedaliere, inevitabilmente causa una perdita di rapporto tra medico e paziente, con conseguente difficoltà nelle diagnosi dei nuovi pazienti e una diminuzione nella capacità di gestire adeguatamente la malattia al domicilio per i pazienti già diagnosticati, che rischia di tradursi in una perdita di aderenza terapeutica da parte del paziente.

Come giudica, in generale, la continuità terapeutica ospedale-territorio nella sua realtà?

Dalle testimonianze che ci vengono portate dai nostri pazienti emerge un quadro davvero molto complesso, frammentato e non omogeneo della gestione del paziente cronico al domicilio, a seconda delle provincie e regioni.

Riteniamo nel complesso si debba assolutamente lavorare sull’integrazione dei servizi e assistenza a livello domiciliare, con la necessità di identificare nuovi modelli di presa in carico che ruotino intorno alle esigenze del paziente.

Abbiamo necessità di potenziare l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), assegnando un maggior numero di professionisti competenti e specificatamente formati per ricoprire questo ruolo. Inoltre, è necessario sviluppare e implementare servizi di telemedicina, di cui si parla tanto e che potrebbero supportare il paziente a domicilio.

Covid-19 colpisce proprio le vie aeree fino ai risvolti più gravi e pericolosi. Avete dato consigli e suggerimenti comportamentali ai vostri associati?

Certamente. La prima ondata è stata un periodo davvero difficile e critico: tutti, associazioni, organizzazioni, istituzioni, siamo stati travolti da una calamità che ci ha colto di sorpresa, costringendoci a riorganizzarci rapidamente per dare risposte ai pazienti che, trovandosi spesso soli, senza supporti familiari e senza più riferimento con i propri medici (sia MMG che specialisti), erano davvero in difficoltà. Così ci siamo tutti attivati ed abbiamo liberato la famosa creatività e capacità di rispondere alle difficoltà tipica degli italiani. Come Associazione siamo stati letteralmente travolti da richieste di informazioni mediche sul Covid in relazione alla malattia respiratoria a cui abbiamo risposto mettendo a disposizione quotidianamente il nostro comitato Scientifico e garantendo ad ogni paziente una risposta individuale, oltre a implementare circa 300 attività d’aiuto in poco più di 3 mesi, visualizzabili sul nostro sito: https://www.respiriamoinsieme.org/

Nello specifico, abbiamo potenziato attività che erano già presenti, come gli sportelli di ascolto (psicologico, legale, assistente sociale e specialistico) e abbiamo attivato nuovi servizi (tra cui la consegna gratuita di mascherine agli ospedali e ai pazienti che ne avevano necessità). Inoltre, ci siamo spesi per fornire a tutti una corretta informazione, attraverso la partecipazione ad eventi online organizzati tra gli altri dalle Società Scientifiche competenti e la realizzazione di compendi anche in lingua inglese, con il supporto del nostro Comitato Scientifico.

Secondo lei, al termine – speriamo vicino – di questa emergenza quale insegnamento ci resterà dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria in tema, soprattutto, di prevenzione e cronicità?

Speriamo ci si possa riorganizzare in futuro facendo tesoro della criticità che abbiamo dovuto affrontare in questo periodo. Sulla prevenzione non ritengo ci sia ancora abbastanza spazio, sia di pensiero e ancor più progettuale nei decisori. Se ne sente parlare ancora troppo poco e non vediamo ancora la progettazione di interventi volti a migliorare questi aspetti.

Sicuramente il Medico di Medicina Generale è e deve restare un punto di riferimento nella gestione dei pazienti con patologia cronica, vicino al paziente quando questo è al suo domicilio, mantenendo una continuità relazionale e facendo da ponte con lo specialista. I MMG sono al momento sotto pressione, con un aumento di richieste che comportano una continua riorganizzazione della loro attività, che non li aiuta a seguire correttamente i pazienti cronici.

FSM sostiene la ricerca a favore del paziente fragile: ritiene che oggi ci siano sufficienti sensibilità e consapevolezza sulla presa in carico del paziente fragile? A suo parere, chi dovrebbe essere il punto di riferimento di questi pazienti?

Durante l’emergenza Covid-19 l’Associazione è stata impegnata anche nel sostenere la ricerca attraverso il coinvolgimento dei soci-pazienti in alcuni studi importanti (visibili sul sito www.respiriamoinsieme.org), che in questi mesi stanno fornendo significative linee di intervento in questo secondo lockdown.

La ricerca e la conoscenza sono sicuramente gli unici strumenti che abbiamo per garantire in futuro risposte maggiormente calzanti ai bisogni dei pazienti, anche in condizioni emergenziali ma non solo. L’attenzione e la consapevolezza sono sicuramente in crescita, ma devono essere supportate per continuare a crescere, sostenendo la ricerca, che deve essere gestita all’interno di Università, Fondazioni ed Enti che, oltre a possedere le competenze scientifiche necessarie, abbiano i valori etici e morali necessari a fornire risposte olistiche al paziente, che deve essere coinvolto.